Alla ricerca di nuovi equilibri per uscire dal tunnel
Anche il 2013 conferma il trend negativo della profumeria con numeri in calo su tutti i segmenti. Inevitabili, ma non risolutivi, sconti e promozioni.
Per rimettere in moto “l’ingranaggio” del mercato, è prioritaria una partnership reale tra industria e distribuzione. Puntando su innovazione, professionalità ed eccellenza del servizio oltre a nuovi layout. Per riconquistare una consumatrice “infedele” e sempre più esigente. Ecco il punto di vista di 9 vertici addetti ai lavori.
1. Un commento sull’andamento generale del settore beauty nel 2013...
■ Stefano Malachin. Nel 2013 abbiamo registrato l’incapacità di reagire a uno stato critico. Il mercato della profumeria è stato isterico: troppe azioni sul prezzo, ma ancora peggio l’ingresso tra i player di outsiders che hanno creato forti turbolenze con sistematiche azioni di taglio prezzo, abbassando l’immagine della profumeria selettiva agli occhi del consumatore.
■ Carlo Bianchini. Anche il 2013 si è confermato un anno difficile per il settore beauty, non al pari di altri mercati, ma comunque negativo in tutte e tre le categorie che lo caratterizzano: fragranze -1%, make up -2%, skincare -4%, a valore, rispetto al 2012. Questi dati manifestano comunque un trend meno negativo rispetto al largo consumo che ha invece registrato tassi di decrescita maggiori, e sofferto più significativamente del rallentamento nei consumi. Su Coty Prestige l’impatto è stato più limitato, avendo un portfolio più focalizzato sulle fragranze.
■ Roberto Serafini. Per il secondo anno consecutivo la profumeria italiana chiude in negativo e lo skincare è ancora il reparto che ha sofferto maggiormente. Purtroppo nel 2013 la profumeria ha perso quasi 1 milione di consumatrici, la maggior parte delle quali sul comparto del make up. E questo è sicuramente un dato su cui riflettere. In compenso c’è stata una buona tenuta delle fragranze a valore, mentre sono calate le quantità. Gli acquisti si sono spostati su formati più grandi e quindi più convenienti per ml, e questo è un altro effetto della crisi. Meno male che è arrivato il Natale, unico mese positivo dell’anno che ha salvato un po’ il comparto. Infatti le settimane 51 e 52 hanno pesato ben l’11,5% sul fatturato 2013.
■ Valerio Gatti. È stato indubbiamente un anno difficile. In un contesto economico così critico, il potere di spesa si è ulteriormente ridotto e si è allargata la forbice tra chi ha alto potere di spesa e chi ne ha meno. Per chi vende beni non di prima necessità, come per tutto il settore beauty, è difficile fare business in queste condizioni. A mio parere, chi ha mantenuto le posizioni dell’anno precedente può ritenersi soddisfatto, i pochissimi che sono riusciti a crescere possono legittimamente pensare di aver fatto un anno molto buono. Bisogna comunque rimanere ottimisti, non perdere la convinzione di mantenere le posizioni anche nel 2014, un anno che io prevedo analogo al 2013. ■ Vito Pollina. L’attuale fase economica ha senza dubbio condizionato anche il mercato beauty di lusso e le relative abitudini di acquisto dei consumatori italiani. I dati di mercato ci dicono che nel 2013 il beauty di lusso in Italia ha fatturato oltre 1,8 miliardi di euro, segnando però rispetto al 2012 un calo nelle vendite a valore del 4%. La crisi ha reso infatti i consumatori più esigenti in termini di aspettative anche nei confronti dei brand di lusso. Tale trend deve servire da stimolo per tutti noi per valorizzare ulteriormente l’offerta di questi prodotti concentrandoci sulla vera innovazione, sulla continua valorizzazione dei marchi, della loro storia e degli elementi iconici che li contraddistinguono.
■ Roberto Camurati. Per noi il 2013 è andato abbastanza bene con le grandi aziende, mentre con le piccole abbiamo sofferto, così come hanno faticato i piccoli profumieri. Solo quelli con una clientela consolidata, con tanti anni di lavoro alle spalle e un capitale abbastanza consistente riescono, infatti, a far fronte alla situazione di crisi nella quale ci troviamo. Il nostro settore è molto influenzato dalle relazioni con le case e con le banche. Tanti non riescono ad avere credito da queste ultime o non sono serviti dalle aziende se non raggiungono una certa cifra di ordine. Sono tanti i motivi che mettono in crisi le profumerie italiane...
■ Jörg Mingers. Si conferma l’irrinunciabilità al consumo di cosmetici, espressione dell’attenzione al benessere personale che non diminuisce nonostante i tempi di crisi. Sicuramente la propensione al consumo è condizionata dalla congiuntura negativa che, anche nel settore beauty, genera un’evidente polarizzazione dei consumi sia sui prodotti di alta gamma sia sui prodotti di fascia basica. Il consumatore è ormai consapevole della qualità e della sicurezza del prodotto cosmetico e nel nostro settore si assiste a una marcata divaricazione tra le insegne di distribuzione. Nonostante si siano attuate importanti azioni di promozione, fidelizzazione e servizio, come nel caso specifico dell’insegna Douglas, siamo costretti a constatare una costante frenata delle vendite, aggravata da visite meno frequenti.
■ Massimo Zonca. È stato un anno molto difficile, il calo degli accessi in profumeria, la perdita del potere d’acquisto dei consumatori, la necessità di diversificare la propria spesa, assegnando priorità diverse da quanto in precedenza acquisito, hanno fatto sì che il mercato consolidasse un segno negativo.
■ Carlo Rossi. Credo che rispetto ad altri il nostro settore soffra molto meno. Il 2013 è stato duro per tutti, di conseguenza anche noi abbiamo diminuito il trend. Ma non più di tanto perché comunque è un settore che tiene. Rispetto al 2012 non c’è stato un miglioramento ma forse neanche un peggioramento.
2. Come definire la situazione attuale del comparto profumerie in Italia?
■ Stefano Malachin. Situazione difficile così come quella del Paese. Difficile dal punto di vista economico, civile e morale. Un Paese che non prende decisioni, che non governa, che non appassiona. Un Paese che non fa riforme strutturali, che preferisce gestire il quotidiano piuttosto che pensare e operare per il futuro. La profumeria non è nient’altro che lo specchio del Paese. Pochi hanno il coraggio di cambiare, di investire, di progettare il futuro. La distribuzione, così come l’industria, vive una fase evolutiva necessaria in un momento di crisi che premierà solo chi saprà cogliere i veri insights.
■ Carlo Bianchini. La situazione attuale mostra un’interessante dinamicità nelle catene nazionali e regionali, attori alla ricerca di sinergie e nuove forme di collaborazione. Infatti, il 2013 è stato caratterizzato da importanti partnership, come l’aggregazione di Limoni- La Gardenia e la creazione del nuovo consorzio Profumerie d’Italia. Tutto questo testimonia la volontà di animare il settore e soprattutto di trovare soluzioni e proposte innovative per contrastare la contingente situazione economica.
■ Roberto Serafini. Nonostante il mio inguaribile ottimismo, non riesco a vedere la luce. La profumeria, lo ripeto da tempo, deve reinventarsi. Dovrebbe diventare un canale specialistico, oggi è troppo tradizionale. Fa fatica a reclutare le nuove generazioni. Sicuramente è più semplice parlare che agire e soprattutto portare dei risultati, ma questa è la realtà. Nel frattempo, nel mondo della bellezza selettiva e dell’alto di gamma, altri canali si stanno affermando. Primo tra tutti le boutique monomarca. Oltretutto io credo moltissimo nell’e-commerce, specie quello dei retailers.
■ Valerio Gatti. A parte rare eccezioni, il comparto è in una situazione di stallo o di contrazione. In realtà, credo che questa situazione non riguardi solo il beauty ma quasi tutte le categorie merceologiche. È una situazione che impone razionalizzazione dei costi, chiusura quasi obbligata dei punti vendita non performanti e un grandissimo coraggio a chi vuole fare sviluppo. Soprattutto chi non ha ampie coperture finanziarie, deve stare molto attento a non fare il passo più lungo della gamba: meglio accontentarsi di un business ridotto ma più solido che avventurarsi in sviluppi azzardati. Dal nostro osservatorio, ci sembra di vedere sostanzialmente stabili le grandi insegne, leggermente meglio alcune catene regionali, più in difficoltà i clienti individuali. E, forse per la prima volta, la crisi sembra aver toccato anche il cosiddetto canale dei negozi misti.
■ Vito Pollina. La situazione italiana è un unicum, lo sappiamo bene. Siamo una realtà molto variegata e diversa dal resto d’Europa. Così come in altri settori, nel comparto profumeria coesistono strutture distributive molto diverse: department store, profumerie indipendenti, grandi catene internazionali, nazionali, locali o regionali. E anche le strategie e le attività che vengono sviluppate per l’Italia dalle multinazionali devono tenere conto di queste peculiarità, e mirare a valorizzare l’unicità dei diversi format. La sfida è quella di valorizzare tali differenze per offrire ai consumatori un servizio di qualità, coerente con la tipologia di punto vendita prescelto. La nascita di nuove piattaforme digitali, la cura sempre maggiore dedicata alla formazione del personale di vendita, la crescente attenzione ai servizi da offrire ai consumatori, spesso in sinergia con le case manufatturiere, o la valorizzazione di aree a libero servizio, sono solo alcuni esempi di come il mondo del beauty stia cercando di regalare, anche nel contesto odierno, esperienze di acquisto di lusso uniche e diverse.
■ Roberto Camurati. C’è chi regge perchè ha le spalle solide, grazie ad anni di accantonamento per far fronte alle emergenze. C’è chi invece ha aperto da poco ed è già con l’acqua alla gola, fatica. Io lo riscontro tutti i giorni con la nostra rivendita all’ingrosso che sta lentamente morendo perché le piccole profumerie stanno chiudendo. Quelle che ancora reggono comprano, ma poi non pagano. Per questo ho deciso di servire solo chi salda in contanti o assegni.
■ Jörg Mingers. È in corso la razionalizzazione dei consumi: i clienti non rinunciano all’uso del cosmetico, ma l’orientamento è verso fasce di prezzo più basse e canali alternativi, come per esempio l’e-commerce, più sensibili nell’assecondare i nuovi bisogni. L’effetto “clessidra” nel settore beauty è esasperato, si vedono premiati i prodotti di alto livello e quelli ai vertici opposti, si evidenziano risultati poveri sui prodotti di livello intermedio e su canali più statici incapaci di adeguarsi al nuovo consumatore. Le contraddizioni e la crisi di identità in profumeria hanno caratterizzato il 2013, e personalmente voglio sostenere il canale che deve contraddistinguersi in concetti di esclusività e innovazione, intensificando le azioni che migliorano la fedeltà dei consumatori (CRM e direct Mkt).
■ Massimo Zonca. Il mercato della profumeria in Italia è in un momento di grande riflessione. Tutte le parti in campo - sia industria sia retail - stanno valutando come ristrutturare al meglio le proprie strutture, affinchè i minori “guadagni” possano sostenere i progetti di sviluppo. Abbiamo tutti però la necessità di “svecchiare” un canale che ancora oggi non riesce a fare il vero salto qualitativo che i consumatori si aspettano.
■ Carlo Rossi. Ritengo che i profumieri siano poco attenti al proprio mestiere e al consumatore finale, mentre al contrario sono molto attenti al loro dirimpettaio. Credo che ci sia una forzatura di mercato esagerata.
3. Qual è il tuo punto di vista sulle promozioni e sugli sconti selvaggi che imperversano nel nostro mercato?
■ Stefano Malachin. Trovo che le promozioni siano, in questo momento storico, funzionali a creare traffico in profumeria. Lo sconto selvaggio invece non fa altro che svilire e depauperare il valore intrinseco del prodotto.
■ Carlo Bianchini. Promozioni e sconti selvaggi non penso siano la risposta vincente alla crisi e ritengo altresì che possano essere utilizzati solo per brand e articoli secondari, e periodi limitati. La distintività del nostro settore va ricercata in leve diverse, come il costante confronto tra industria e distribuzione sulle caratteristiche dei progetti e le loro modalità di presentazione al consumatore finale, una regolare formazione in profumeria e, ancora, un’elevata animazione nel punto vendita.
■ Roberto Serafini. Le promozioni e gli sconti sono un obbligo. Oggi nessun retailer può permettersi di vendere sempre a prezzo pieno. E neppure le grandi marche possono pensare di avere un prezzo fisso tutto l’anno. La crisi ha lasciato il segno su tutti i consumatori, anche sulle fasce più abbienti e soprattutto sulle nuove generazioni. Quindi, gli sconti sono un obbligo ma vanno gestiti. Personalmente, non mi stanco di ripetere al mio team di mettersi sempre nei panni del consumatore: a chi non fa piacere ricevere qualcosa in regalo il giorno del suo compleanno? Uno sconto o una promozione, se ben gestita e comunicata, è un grande privilegio per chi la riceve. E quindi può essere un vantaggio sia per l’immagine della marca sia per il business del distributore. Tutto dipende dalla coerenza con cui l’operazione viene gestita…
■ Valerio Gatti. In condizioni di mercato florido, o quantomeno sano, non ce ne sarebbe bisogno. Ma oggi si tratta di una condizione quasi irrinunciabile per movimentare i negozi e sostenere le vendite. Gli sconti selvaggi non piacciono a nessuno e sono pieni di controindicazioni per tutti, ma la verità è che pochi riescono a rinunciarvi e di questo bisogna prendere atto. A mio avviso questo tema va collegato a quello - meno contingente e un po’ più strategico - della percezione che il consumatore ha oggi della profumeria. C’è un dato che è fuori discussione: la crescente disaffezione al canale da parte dei consumatori che si riscontra quasi ovunque e che è considerata unanimemente come il problema della profumeria italiana. I pareri sui motivi di questa disaffezione sono abbastanza convergenti: prezzi sempre più alti, soprattutto da parte dei brand premium, servizio e modalità di relazione con i clienti così selettivi che, alla fine, diventano respingenti e allontanano i consumatori. Questa specie di corsa a chi è più selettivo e aspirazionale ha portato a perdere di vista progressivamente il consumatore e le sue mutate esigenze. Gli sconti selvaggi che imperversano oggi sono il risultato di questa politica sbagliata seguita per troppi anni. A mio avviso la profumeria dovrebbe tornare a essere percepita come un luogo accessibile, dove si entra senza timore e dove si possono trovare prodotti non solo di alta gamma ma di tutte le fasce di prezzo.
■ Vito Pollina. È sempre difficile commentare scelte che ricadono nella contingenza e discrezionalità di ciascuno degli operatori commerciali della catena distributiva. La promozionalità, qualora eccessiva e ingiustificata, rischia certamente di togliere valore alla categoria, ma non possiamo prescindere dal contesto in cui il nostro trade, in coerenza con i principi di libera concorrenza, fa la scelta del prezzo finale. Sicuramente anche nel canale prestige esiste la domanda di alcuni consumatori di opportunità legate alla convenienza. Il compito dell’industria è offrire e suggerire nuovi stimoli e idee al mercato, senza però dimenticare che le scelte finali in materia di prezzo sono a discrezione dei rivenditori.
■ Roberto Camurati. Nel mio caso, godo di uno sconto particolare da alcune marche, ma spesso mi chiedo se sono l’unico o se è invece una politica che adottano con tutti coloro che realizzano un certo giro di affari. Io sono conosciuto per i miei prezzi scontati: ho tre profumerie al dettaglio fornite di tutti i prodotti, e per il 99% sono scontati. Tanti profumieri non possono fare altrettanto, come non possono permettersi le campagne pubblicitarie che realizziamo noi. Anche perché le aziende a inizio anno aumentano sempre i prezzi, una strategia che non condivido in un momento di crisi come questo: almeno un po’ dovrebbero anche assorbire i costi. Un tempo compravo molto dalla profumeria di fascia bassa. Ma se prima acquistavo 100 ora compro 5, perché questo tipo di prodotti è ormai presente nei supermercati. La grande distribuzione ha eroso tutta la fetta di profumeria di fascia bassa.
■ . Il fenomeno relativo agli sconti selvaggi induce ad acquistare il prezzo e non il valore del prodotto. Certo, il rallentamento della crescita di mercato porta a vivere questo scenario, ma promozioni e sconti sono remunerativi in tempi brevi e non vogliono dir nulla perché non rappresentano una soluzione, ma un metodo semplice e veloce per risolvere il “qui e ora”. Il mercato necessita di un esempio innovativo che porti benefici al canale e una conseguente crescita economica del mercato italiano.
■ Massimo Zonca. Innanzitutto, è giusto ricordare che in un mercato libero ogni azienda fa le proprie politiche commerciali, valutando correttamente come arrivare ai propri consumatori, purchè questo tipo di leva non sia l’unica con cui si pensa di intercettarli. I consumatori vogliono comunque servizio, assistenza e professionalità, e non sempre coloro che applicano questo tipo di politica (causa sperpero di risorse non impiegabili nella formazione del personale) sono in grado di fornirla.
■ Carlo Rossi. Sono eccessivi. So di fare affermazioni in contraddizione con molti, ma questa è la mia opinione. Credo che questa linea serva a poco. Se facciamo un’analisi degli ultimi 7/8 anni, tutto è andato verso il basso e verso la promozione. E si continua a scendere, si promoziona tutto e i consumi continuano comunque a calare. È un chiaro segnale che questo non è il modello giusto. Il rischio che corriamo è di banalizzarci e andare verso categorie distributive molto diverse da noi, canali molto bravi nel loro mestiere e che hanno anche costi nettamente diversi rispetto ai nostri.
4. Ritieni possibile una collaborazione fra distribuzione e industria per una migliore gestione delle novità da immettere sul mercato?
■ Stefano Malachin. Per un’azienda che opera a livello internazionale e su più mercati, un accordo locale diventa difficile da realizzare. Più probabile un coinvolgimento e una customizzazione di offerte su misura che valorizzino il prodotto e l’insegna.
■ Carlo Bianchini. Come ho spiegato prima, sono assolutamente convinto che questo sia un passaggio fondamentale e che vada affrontato con la massima trasparenza e disponibilità da entrambe le parti.
■ Roberto Serafini. I dati di chiusura Npd 2013 evidenziano meno lanci ma più importanti. Bene, significa che si va nella giusta direzione. Questo è proprio quello che ci vuole. La distribuzione dovrebbe però valorizzare maggiormente questi lanci e comunicarli meglio, oltre che massimizzarli. Spesso le novità sono delle grandi rivoluzioni di scienza, comunicazione, colore. Non devono essere sprecate. Il nostro profumo Sì di Giorgio Armani è stato il lancio più grande dello scorso anno per la profumeria italiana, dopo che nel 2012 lo era stato La Vie est Belle di Lancôme.
■ Valerio Gatti. Ogni volta che rifletto sullo stato attuale del rapporto tra industria e distribuzione, penso a quante occasioni stiamo perdendo. Come parte in causa, faccio il possibile affinchè la nostra azienda esprima verso i clienti la massima collaborazione. Però penso anche che potremmo lavorare di più e meglio se si abbandonasse quella logica delle parti che caratterizza ancora troppo, e in modo sbagliato, il rapporto tra industria e distribuzione. Per esempio: come facciamo a sapere in che direzione andare, quanti e quali prodotti sviluppare, se la maggior parte della distribuzione ancora non fornisce alle marche i dati di sell-out? Come si può lavorare in una prospettiva di investimenti a medio/lungo termine se esiste sempre questo teatrino dei rinnovi contrattuali annuali, che ogni volta si riducono a giornate intere di discussioni sugli sconti?
Si dovrebbero impostare le cose in maniera differente: con accordi almeno triennali, visibilità in tempo reale sui dati di sell-out, e soprattutto con una forte, fortissima intensificazione della collaborazione marketing tra industria e retail, per una maggiore sinergia di mezzi e risorse. I problemi relativi agli stock potrebbero essere ridotti responsabilizzando maggiormente le aziende su cluster massimi da rispettare, fornendo però garanzie reali di un’adeguata manutenzione, esposizione e cura della marca sul punto vendita. Un sistema di questo tipo eviterebbe una gran quantità di sprechi, tempo e denaro, che potrebbe essere investito per potenziare e promuovere ulteriormente il business. La realtà è che ancora manca lo spirito di una partnership reale, che è una cosa molto diversa dall’avere semplicemente dei rapporti commerciali attivi.
■ Vito Pollina. Non è solo possibile, è indispensabile. La complementarietà di industria e distribuzione, nel comune sforzo di soddisfare al meglio le esigenze dei nostri consumatori finali, è certamente uno strumento che ha ancora aree significative di espansione. P&G Prestige, ad esempio, ha messo in pista una vera e propria scuola itinerante di formazione rivolta al personale delle profumerie (e di cui, voi di Allure e ve ne ringrazio, avete parlato recentemente). L’Advocacy Beauty Tour ci consente di rimanere in contatto con il trade, capire le esigenze quotidiane e investire sulla professionalità attraverso supporto e formazione qualificata (su novità, grandi “classici”, trend, marchi e storie che li caratterizzano).
■ Roberto Camurati. Le industrie non verranno mai a trattare con noi. Organizzare incontri tra profumeria selettiva e industrie non è possibile, le case vogliono mantenere il controllo. Non tengono conto delle nostre richieste. Ma siamo noi a fare i prezzi perché siamo noi che sosteniamo i costi di tutta la gestione.
■ Jörg Mingers. Douglas da sempre tende a collaborare con l’industria, quindi ritengo fondamentale costruire o migliorare la collaborazione tra distribuzione e industria. Ma già in passato avevo sollevato il tema, quindi confermo che è nei miei obiettivi consolidare il dialogo nell’ottica di migliorare la gestione delle novità da un lato e l’assortimento generale dall’altro. La strategia costruita a quattro mani può solo dare nuovi stimoli e rendere più fluido il canale beauty.
■ Massimo Zonca. Assolutamente sì… assolutamente prioritaria!
■ Carlo Rossi. Credo sia una strada obbligata e tutti - noi e le industrie - dobbiamo fare un bel passo avanti: essere molto più trasparenti e chiari. Ci si sta muovendo molto lentamente in questa direzione, la trasparenza è ancora troppo poca, mentre a me piace pensare che se esiste un problema debba essere discusso assieme per cercare di risolverlo.
5. L’innovazione è un valore incontrastato che negli ultimi anni sembra però scarseggiare. Come pure la professionalità dietro il banco. Quali sono le ripercussioni commerciali?
■ Stefano Malachin. Più che la mancanza d’innovazione, negli ultimi anni sono mancati prodotti di alto valore. Questo ha sminuito il valore della profumeria e spento la passione nei confronti delle novità, ormai troppo inflazionate, troppo ricorrenti. Manca l’attesa per il grande evento. L’abitudine ad avere edizioni limitate e flanker porta le stesse addette alla vendita a non vivere più appassionatamente il grande lancio. A disinteressarsi concretamente al loro mestiere, a non provare interesse nella formazione che invece diventa indispensabile e necessaria per recuperare il valore del prodotto in profumeria.
■ Carlo Bianchini. La scarsa innovazione e la limitata professionalità dietro al banco non consentono il raggiungimento degli obiettivi. Per le profumerie tutto questo, alla fine, si traduce in stock elevati in magazzino. Da parte nostra, poniamo massima attenzione e selezione ai progetti da condividere con i partner commerciali, così da raggiungere la soddisfazione reciproca.
■ Roberto Serafini. Innovazione e professionalità: da questi due importanti valori deve ripartire la profumeria. Tutto si riassume nel sogno e nel servizio. Vendiamo bellezza: un valore sempre in primo piano, che non passa inosservato, e quindi non si può abbassare la guardia neanche durante le crisi più nere.
■ Valerio Gatti. In tutti i settori, da sempre, l’innovazione è un driver di sviluppo potentissimo. In un mondo ideale, industria e distribuzione dovrebbero destinare una parte importante delle loro energie all’innovazione. Il problema è che l’innovazione generalmente costa molto, e i tempi che stiamo vivendo lasciano ben pochi spazi a questo tipo di investimenti. In generale, poi, va detto che il settore del beauty per sua natura consente un’innovazione relativa, anche per le restrizioni di legge imposte sul cosiddetto “cosmetico funzionale”. Se domani inventassimo un rossetto che fa miracoli, non potremmo dichiararlo né comunicarlo ai consumatori perché molto probabilmente dovrebbe essere classificato come farmaco. Il business quindi è ristretto ai valori del colore, del profumo o dell’effetto, ambiti in cui è molto difficile fare innovazione vera. Si possono fare prodotti più o meno buoni, più o meno belli, più o meno efficaci, ma la competizione su questi terreni raramente viene riconosciuta come innovazione, sia dal trade sia dai consumatori. Sul lato distribuzione, invece, penso che si dovrebbe lavorare di più a livello di concept store, magari mutuando spunti e innovazioni dalle città simbolo del retail, New York, Tokyo, Londra, Berlino. E puntando molto sulle nuove tecnologie, che costano ma offrono inedite possibilità di interazione con il pubblico.
■ Vito Pollina. Sono due aspetti fondamentali e che ritengo siano focali per invertire il trend di mercato. Il consumatore sta cambiando e dobbiamo essere bravi a valorizzare la nostra offerta cercando il connubio migliore tra tradizione e innovazione. È essenziale rinnovarsi ogni giorno partendo dai valori fondamentali, ma aprendosi alle nuove esigenze. La vera innovazione e la professionalità “dietro il banco” sono tra gli strumenti migliori per realizzare questo rinnovamento. Ogni prodotto immesso sul mercato deve necessariamente rispondere alle domande fondamentali che lo possano definire “vincente” al momento del lancio, ma anche e soprattutto in una fase successiva. Per quanto riguarda la professionalità del trade, la continua attenzione alla formazione di cui abbiamo appena parlato, è sicuramente elemento importantissimo per garantire sicurezza e competenze nel mercato.
■ Roberto Camurati. Credo ci siano troppi prodotti. Soprattuto nel make up. È esplosa la mania degli smalti. Tutte le case si sono buttate su questo mercato, anche perché a loro conviene: uno smalto che a loro costa 50 centesimi, lo rivendono a 4 euro.
■ Jörg Mingers. Innovazione e professionalità sono i valori fondamentali del commercio. Per me è come un quadro del puntinismo che si guarda da lontano: l’osservatore che ammira la tela ha il compito di fonderli insieme. Solo così si legittima il valore commerciale del canale.
■ Massimo Zonca. Semplicemente con la banalizzazione di un canale, la profumeria, che per anni è stato sinonimo di serietà, professionalità e competenza. La profumeria deve ritornare al centro del mondo beauty, e soprattutto deve ritornare ad essere il primo mercato in cui l’industria pensi di sviluppare e commercializzare prodotti innovativi, e non solo novità.
■ Carlo Rossi. Il nostro settore vive di novità, perché creano attenzione e interesse. E se c’è la novità, l’industria investe: molto o poco dipende poi dai punti di vista. Certamente da qualche anno vengono immessi sul mercato molti prodotti, ma non sempre sono novità. Spesso sono lanci per arrotondare la numerica, più che per soddisfare esigenze reali. Credo sia anche necessario studiare quei mercati che stiamo cavalcando poco, di cui ci accorgiamo troppo tardi, com’è accaduto, per esempio, con il segmento mani, che è esploso. Eravamo fermi da anni. Poi, ci siamo accorti che il settore nail era un mercato perseguibile e sicuramente ci ha portato a guadagnare attenzione. Dopo è stato banalizzato, ma questo è successo anche per colpa nostra. Per quanto riguarda la professionalità di chi sta dietro al banco... credo ci sia una grossa responsabilità del nostro settore, cioè della distribuzione. Che fa sempre più attenzione al prezzo e all’esposizione delle vetrine con forti sconti, tralasciando quello che, secondo me, dovrebbe essere invece il nostro mestiere: dedicare maggiore attenzione al consumatore finale. Quell’attenzione che il cliente, forse, cerca e apprezza più del prezzo.
6. Si parla tanto di nuovi business model. Ma quale potrebbe portare alla riqualificazione delle profumerie e della loro identità per ripartire con vigore?
■ Stefano Malachin. Un ritorno a un concetto di profumeria d’immagine e alta gamma, con un numero corretto di marche, dove le stesse diventano delle “Maison” e il prodotto possa esprimersi in tutto il suo valore. La necessità è quella di un visual merchandising più chiaro e attraente, dove il consumatore possa vivere quell’esperienza che solo la profumeria selettiva è in grado di dare. Il rilancio della profumeria passa anche attraverso un maggiore investimento sul personale, in termini di formazione e partecipazione attiva alla vita dell’azienda.
■ Carlo Bianchini. Penso non ci sia un’unica ricetta. Il miglior business model parte dall’atteggiamento e dal coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti. Il comportamento migliore è quello di capire le esigenze reciproche e individuare insieme le risposte più adatte, partendo dalle comuni dinamiche del settore. Nella creazione dei piani trade, noi partiamo dai dati di sell-out attesi, dall’esigenza di animare creativamente il punto vendita e dalla necessità di raggiungere il consumatore finale. Non guardiamo unicamente al mero e puro obiettivo di fatturato.
■ Roberto Serafini. Oggi i migliori retailers dimostrano che per vincere bisogna eccellere su tutto: location, ambienti innovativi, assortimenti accattivanti, comunicazione mirata, eccellenza del servizio durante la vendita e dopo, programmi di fidelizzazione. I bilanci quadrano solo quando c’è la crescita. Questa è l’unica ricetta che conosco.
■ Valerio Gatti. La profumeria dovrebbe diventare un luogo più vicino al consumatore, più accessibile e meno serioso. Dovrebbe tornare a essere un luogo di festa, energia e dinamismo. Oggi, almeno due donne su tre non entrano più in profumeria. Invece di aggrapparsi faticosamente a quel terzo che per fortuna continua a entrare, bisognerebbe focalizzare l’attenzione su quei due terzi per rimotivarle a tornare in profumeria. Non ho certo la presunzione di insegnare a nessuno come si fa un mestiere che non è il mio, quindi non mi permetto di suggerire soluzioni o formule precise, ma credo che questa sia la direzione generale verso cui andare.
■ Vito Pollina. Bisogna studiare maggiormente le esigenze di chi poi realmente acquista sul punto vendita. Entrare in profumeria deve essere un piacere. Comprendere il processo decisionale di acquisto è fondamentale per offrire all’acquirente quello che cerca. Ciò che mi sento di suggerire ai profumieri è di offrire semplicità nella scelta, professionalità nei consigli e nelle informazioni ed un’esperienza di acquisto emozionale ed esclusiva. P&G Prestige, grazie ai continui studi non soltanto sul consumatore ma anche sulle abitudini d’acquisto, si offre come partner strategico per rispondere al meglio a tali esigenze, con team dedicati ed investimenti crescenti su Category Management/SBD e Advocacy/Formazione.
■ Roberto Camurati. È una domanda difficile. È necessario portare più clientela in negozio, ma sono le aziende a dover mettere a punto queste strategie, con lanci o sconti particolari nel punto vendita. È necessario creare qualcosa che attiri la consumatrice, ma sono operazioni che le aziende mettono in atto molto raramente, almeno per quello che io vedo. Un altro problema molto sentito dalle profumerie è la distribuzione dei campioncini: le aziende sono molto avare in questo periodo. Io faccio ordini importanti ma riceviamo pochissimi campioncini, che invece sono una delle prime cose che il cliente chiede quando acquista. Il punto di forza di una profumeria di livello rimane il personale: ho clienti che chiedono espressamente di essere serviti solo da alcune commesse, se sono in ferie attendono il loro rientro. Il personale rappresenta il 90% del valore della profumeria.
■ Jörg Mingers. Saranno necessari nuovi equilibri legati all’economia globale e alle mutate concezioni di competitività per riqualificare il canale beauty.
■ Massimo Zonca. Il modello giusto al 100% probabilmente non esiste. Comunque penso che, in primis, si debba tutti pensare ad un modello innovativo in termini di layout e merchandising, che tenga conto di una drastica riduzione dell’assortimento e valorizzi al meglio le marche che qui possono trovare spazio, dando una valorizzazione di marca che oggi raramente esiste.
■ Carlo Rossi. Sento parlare spesso di questi temi, ma non dagli operatori commerciali. Anche perché, sebbene giri molto il mondo, non vedo novità reali. Ci sono attività più grandi o più piccole, ma sono convinto che nel nostro settore sia basilare la professionalità: non servono modelli nuovi, serve solo l’intervento di gente brava. Questo sarebbe il vero modello nuovo, che da troppi anni gode di scarsa attenzione. A questa mancanza si aggiunge anche una gestione del business antiquata, oggi non più efficace. Servirebbe un accordo tra distribuzione e industria, leale e vero. Difficile da attuare anche per l’industria che, da parte sua, trova interlocutori che non sempre mantengono le promesse fatte.
7. Lanci, strategie e previsioni per il 2014…
■ Stefano Malachin. Il 2014 si prospetta per Cartier Parfums fra i più importanti e incisivi della sua storia recente. Dopo oltre due anni di lavorazione, potremo finalmente svelare ai nostri consumatori “La Panthère” che, dopo Déclaration, è il lancio con il più alto grado di innovazione. Un progetto che sarà sostenuto con investimenti corposi e attività sui punti vendita diversificate e innovative.
■ Carlo Bianchini. Dal mio punto di vista, il 2014 sarà ancora un anno di transizione, non penso assisteremo a grandi riprese. Ciò nonostante, noi affronteremo le sfide future con positività, creatività e innovazioni davvero distintive. Per noi di Coty, il 2014 sarà ricco di importanti novità, con progetti legati anche all’italianità e agli eventi sportivi più rilevanti, tra i quali i Mondiali di Calcio in Brasile. La sfida più forte e certamente più entusiasmante sarà la gestione diretta del brand OPI nel canale della profumeria, a cui stiamo dedicando grande attenzione e cura da diversi mesi.
■ Roberto Serafini. Per noi di L’Oréal Luxe sarà un altro anno interessante di grandi lanci e iniziative su tutte le nostre marche. Rivendichiamo la leadership con un portafoglio completo di marchi bellissimi. E un team composto da persone di talento che con grande impegno cercano di soddisfare le tante attese dei nostri partners. Possiamo sicuramente fare meglio, ma posso assicurare che l’impegno è al massimo. Questo è quello che quotidianamente chiedo ai miei oltre 300 collaboratori.
■ Valerio Gatti. Per Pupa sarà un anno ricchissimo di novità con prodotti sempre più performanti e qualitativi. Oggi più che mai le nostre consumatrici si orientano verso quelle marche che hanno un rapporto qualità prezzo vantaggioso e Pupa è indubbiamente la marca in profumeria che offre questo plus. Per quanto riguarda i lanci strategici, la nostra gamma anticellulite si arricchirà di un nuovo prodotto: il primo anticellulite che oltre a garantire risultati eccellenti (testati in doppio cieco contro placebo, come da protocolli farmaceutici) li mantiene per 30 giorni dopo l’ultimo utilizzo. Un prodotto pensato per le donne di oggi che hanno sempre meno tempo da dedicare alla cura del loro corpo. Per il seno rinnoviamo il nostro Volumizzante Seno: l’azione rassodante è unita a quella volumizzante per un risultato non solo di “taglia” ma di grande tonicità e sostegno. Per il make up avremo lanci strategici “labbra” e “viso”, segmento quest’ultimo in cui la marca non ha ancora espresso il suo grande potenziale. Lanceremo un nuovissimo rossetto e completeremo la gamma delle BB Cream con due nuove versioni antimacchia e pelli grasse. Difenderemo il segmento occhi nel quale ci siamo da sempre espressi con grande forza. La franchise Vamp! vedrà numerose attività a sostegno. Ed infine le collezioni stagionali, assolutamente fashion e in linea con le tendenze più cool dell’anno. Vogliamo che tutte le donne trovino nella nostra offerta la risposta ai loro desideri. Sempre ad un prezzo democratico e con prodotti di altissima qualità.
■ Vito Pollina. Il 2014 ci vedrà impegnati in modo continuativo sul nostro portafoglio luxury attraverso una serie di nuove iniziative su Dolce&Gabbana e Gucci, i due marchi che contraddistinguono in modo assoluto il nostro modo di interpretare il lusso del made in Italy. Dolce, la prima fragranza fiorita di Dolce&Gabbana, entusiasmerà i consumatori (lo ha già fatto con i giornalisti di tutto il mondo qualche mese fa a Siracusa) con un juis inusuale e innovativo, un pack elegante e una comunicazione da Oscar. Gucci, invece, ci sorprenderà con una versione rock and roll di Guilty in Stud (borchiato). E continueremo a impegnarci (come abbiamo già fatto con la catena Marionnaud) sul territorio nazionale per dare voce al progetto di solidarietà Chime for Change, che sostiene le donne e i loro diritti (istruzione- uguaglianza-salute). Sul fronte del make up sono in arrivo nuovi rossetti accompagnati dall’icona Monica Bellucci. Per ciò che concerne Hugo Boss, oltre a continuare ad investire su Boss Nuit, ci concentreremo sul mondo maschile che più piace alle signore, il calcio. In vista dei Mondiali in Brasile, infatti, siamo orgogliosi di collaborare con molte star del calcio, testimoni coerenti del marchio. E non possiamo dimenticare il mondo Biagiotti, con un’attività commerciale e di comunicazione declinata su Roma (sia come fragranza, sia come città eterna) che farà parlare.
■ Roberto Camurati. Non riesco a fare previsioni. Ma posso affermare che se non tagliano le tasse andiamo a finire male. Io non ho ancora visto la ripresa, anzi. La gente spende poco. La cliente viene da noi e ci chiede consulenza su prodotti che abbiano caratteristiche simili per efficacia ma a costi inferiori. Per quest’anno continueremo con la stessa strategia adottata finora: pubblicità su TV, stampa e radio locale.
■ Jörg Mingers. Nel 2014 punteremo sullo sviluppo dello shopping online e sulle nuove aperture, favorendo la crescita e lo sviluppo del personale.
■ Massimo Zonca. Spero che più che lanci strategici, si torni a lavorare principalmente sul consolidamento dei listini. I lanci vorrei che non fossero solo strategici ma diventassero qualcosa del listino per poterne parlare positivamente ancora solo dopo sei mesi, cosa che oggi raramente avviene. Il 2014 per noi di Ethos Profumerie è già iniziato nel migliore modo possibile, poiché grazie ai risultati ottenuti negli anni abbiamo incrementato ulteriormente la compagine sociale, arrivando a contare più di 230 punti vendita. E di questo, oltre che alla proprietà consortile che rappresento, volevo ringraziare anche l’industria che continua ad apprezzarci e a sostenerci con una collaborazione sempre più proficua.
■ Carlo Rossi. Ci auguriamo che il 2014 sia migliore. C’è qualcosa di positivo nell’aria, ne stanno parlando anche gli organi di informazione. Dobbiamo smetterla di piangerci sempre addosso, non porta a niente. Dobbiamo guardare avanti con un minimo di fiducia e lavorare in modo corretto. Noi prevediamo di realizzare nuove attività, soprattutto sul digitale dove siamo presenti solo con un sito. Non sappiamo oggi quale sarà il reale valore, ma abbiamo intenzione di esplorare questi mercati nuovi perché il mondo sta andando in quella direzione e dobbiamo creare i presupposti per rimanere nel settore con soddisfazione. Da protagonisti.